Per una Trieste Laboratorio di Pace – Trieste da demilitarizzare e denuclearizzare

Il porto di Trieste, oggetto di un bombardamento alleato nel ’44 e salvato dalla distruzione nazifascista negli ultimi giorni di guerra, è oggi luogo di transito per autentici strumenti di morte.
A norma del Trattato di Pace fra Italia e potenze vincitrici, territorio e porto franco internazionale di Trieste dovrebbero essere smilitarizzati e protetti dalle Nazioni Unite. Nel 1954 il Governo italiano ereditò dagli anglo-americani l’amministrazione civile, e conferì al prefetto il ruolo di Commissario dell’allora Territorio Libero di Trieste, che il Trattato di Pace definì “demilitarizzato e neutrale”, senza forze armate non autorizzate dal Consiglio di sicurezza, e col divieto assoluto alla formazione di forze paramilitari.
Questo territorio è invece divenuto luogo di partenza per carichi di armi indirizzati a regimi in guerra, e di possibile presenza di armi di distruzione di massa a bordo di navi nucleari militari in transito.

I carichi d’armi in partenza dal porto verso Paesi in guerra

II porto di Trieste è luogo di partenza per sistemi d’arma italiani che alimentano conflitti e tensioni nel mondo. Dopo le spedizioni di materiale bellico agli Emirati Arabi Uniti per oltre 12 milioni di euro nel 2013 e per più di 6 milioni di euro nel 2015, l’Istat segnala nel 2016 l’esportazione di armi e munizioni verso il Bangladesh per circa 2 milioni di euro. II Comitato pace e convivenza “Danilo Dolci” riporta questi dati nella giornata in ricordo dei bombardamenti alleati, che il 10 giugno del ’44 devastarono la città e Muggia mietendo 500 morti e 1000 feriti fra la popolazione civile.
Oggi dal nostro porto partono carichi militari utilizzati nello Yemen dalla coalizione a guida Saudita per bombardare popolazioni inermi, nonostante questa invasione non abbia mai ricevuto dalle Nazioni Unite legittimazione ma condanna, da parte dell’ex Segretario Ban Ki-moon.
Un rapporto al Consiglio di Sicurezza dimostra l’utilizzo di bombe italiane sulle aree civili in Yemen ed evidenzia come questo fatto possa costituire crimine di guerra.
Un gruppo di cittadini triestini ha presentato un esposto in Procura nel 2016 segnalando le esportazioni sensibili partite dal porto di Trieste verso gli Emirati Arabi Uniti; stato parte della coalizione militare a guida saudita che ha invaso lo Yemen. La legge 185 del 1990 vieta espressamente esportazioni di materiali d’armamento verso Paesi in conflitto armato, e la cui politica contrasti con i princìpi della Costituzione.
La città di Trieste, oggetto dei devastanti bombardamenti del ’44 di cui si commemorano le vittime innocenti, deve far sentire la propria voce e chiedere al Governo italiano – responsabile per l’amministrazione civile del territorio – di sospendere l’invio di armamenti a tutti i paesi in conflitto.
Si deve quindi richiamare il Governo stesso al rispetto della legge e della Costituzione, in specie ora che i regolamenti per la gestione del Porto franco internazionale, dopo una lunghissima attesa sono in via di realizzazione.

Il nuovo Trattato ONU per la denuclearizzazione e i porti di Trieste e Capodistria

Il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, che gran parte dei Paesi aderenti alle Nazioni Unite hanno predisposto su pressione dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) può determinare il definitivo avvio del disarmo previsto dal vecchio Trattato di Non Proliferazione, modificando i rapporti di forza fra stati nucleari e non, grazie all’introduzione di norme trasparenti a vantaggio della società civile e dell’Umanità intera. La cui sopravvivenza è minacciata da migliaia di testate atomiche pronte all’uso.
Trieste ne è particolarmente coinvolta, in quanto epicentro di un territorio che il Trattato di Pace del 1947 ha definito demilitarizzato e neutrale.
Attualmente l’Italia e la Slovenia condividono il Golfo di Trieste con la Croazia. Tutte e tre fanno parte dell’Alleanza atlantica e si sono espresse contro questo Trattato in quanto coinvolte nei programmi nucleari militari dell’Alleanza.
Il Golfo di Trieste ospita, in contrasto col Trattato di Pace, due porti nucleari militari di transito, Trieste in Italia e Koper-Capodistria in Slovenia, la cui insistenza nei due centri urbani rende impossibile una seria prevenzione dei rischi, sia rispetto alla propulsione nucleare delle navi, che alla presenza a bordo di armi di distruzione di massa e alla possibilità di diventare bersaglio militare nucleare a propria volta.
Inoltre il segreto “per motivi di sicurezza” su notizie necessarie a una puntuale informazione, impedisce la valutazione del rischio in rapporto ai pericoli esistenti, costringe le istituzioni ad omettere parti importanti d’informazione e di conseguenza nasconde la pericolosità delle situazioni alla popolazione.

Alessandro Capuzzo di Democracy in Europe Movement 2025 – Trieste e l’ex Sindaco di Koper/Capodistria ed ex europarlamentare sloveno Aurelio Juri, hanno proposto perciò alla Conferenza istitutiva del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari ( documento A/CONF.229/2017/NGO/WP.44 del 20 giugno 2017 ) l’avvio di studi sul rischio e sulla trasparenza in argomento – in vista della prevista denuclearizzazione – da affidare alla Scuola di prevenzione nucleare dell’Agenzia Atomica di Vienna (AIEA) con sede a Trieste, presso il Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare.
Case studies interessanti oltre a Trieste e Capodistria, gli
undici porti nucleari militari italiani (Venezia, Brindisi, Taranto, Augusta, Castellammare di Stabia, Napoli, Gaeta, Livorno, La Spezia, La Maddalena, Cagliari) nonché le note basi nucleari di Ghedi e Aviano.
Il 20 settembre alle Nazioni Unite è iniziato il percorso di ratifica del Trattato, già sottoscritto da più di cinquanta Paesi. Cresce pertanto la pressione della società civile verso i governi contrari a questo Trattato: Italia, Slovenia, Croazia, Paesi Nato, Russia, Cina, Israele, India, Pakistan Corea del Nord ed altri.
È quindi nell’interesse di Trieste sollecitare i Governi italiano e sloveno a decidersi per la ratifica del Trattato sul bando nucleare, come già fatto ad esempio dall’Associazione dei Comuni Siciliani.
È pure nel nostro interesse, ora che il nuovo Trattato per la messa al bando delle armi nucleari la rende possibile, una ripresa dei colloqui per la denuclearizzazione del Mediterraneo, preconizzata a Barcellona dal partenariato Euro-Mediterraneo fin dal 1995. Col coinvolgimento del nostro Golfo, in quanto eticamente, prima ancora che giuridicamente, vincolato dal Trattato di Pace alla demilitarizzazione e alla neutralità.

Alessandro Capuzzo – ottobre 2017

Vedi anche:

Abolizione dei porti nucleari di Trieste e Koper?